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      - "Ts’in Shi-hwang-ti (221 a. C.) nulla curando, scrive Ma Twan-lin, i sani principi di governo distrusse le leggi e le consuetudini dei savj antichi, e abolì la ripartizione delle terre per comuni agrari (Tsing-t’ien); la qual cosa condusse il paese a molta rovina. Perciocchè i più agiati, adoprandosi a loro vantaggio, riuscirono a radunare vastissime possessioni, a danno dei meno abbienti, i quali rimasero [97] senza neanche un palmo di terra(46). I sovrani della detta schiatta degli Han (206 a. C.), che successe a quella dei T’sin, continuarono il medesimo indirizzo; soltanto diminuirono la tassa prediale, riducendola ad uno per trenta. Ma i poveri non ne ebbero vantaggio. Rimasti senza campo, avevano preso a lavorare i campi della gente ricca, a mezzeria; così che di dieci parti del ricolto, cinque spettavano al padrone delle terre.... I benestanti fatti orgogliosi per le accresciute ricchezze divennero perversi; i poveri, ridotti sempre più in miseria, si fecero corrotti; gli uni e gli altri caddero nel delinquere".
      Nelle Scritture sacre del Confucianesimo, l’idea che la miseria sia la principale ragione della delinquenza, è espressa più d’una volta; e Mencio, in ispecie, l’afferma con evidenza in brevi parole. - "La costanza e la sicurezza dei mezzi necessari al campamento, tiene gli animi tranquilli; ma se v’è incertezza pel domani, se tale sicurezza è per mancare, gli animi irrequieti si turbano, si guastano, si danno a mal fare. L’uomo, così trascinato al delitto, cade finalmente in mano alla legge, che lo condanna e punisce.


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La vecchia Cina
di Carlo Puini
Editore Self Firenze
1913 pagine 246

   





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