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      Le case ricche [99] e magnatizie accrebbero così a dismisura i loro possedimenti, riunendo in latifondi i campi dei piccoli proprietarj; e i coloni, rimasti senza stabile dimora, furono costretti ad allogarsi come lavoratori delle altrui terre. La frusta e il bastone li incitavano al servigio, mentre i proprietarj non avevano altra briga, che badare a farli pronti a’ loro cenni: e questo popolo di servi per essi arava i campi, per essi raccoglieva le messi, senza che mai alcuno si ribellasse. I padroni godevano la metà del frutto de’ campi che davano in affitto; l’altra metà spettava a’ coloni. Ma più coloni erano sottoposti a un solo signore; così che questi, ogni giorno accumulando le sue metà, perveniva all’opulenza; e i coloni, ogni giorno consumando le loro, si conducevano alla miseria. Ora, permettere che colui il quale lavora la terra si riduca misero, e chi non la coltiva in nessuna maniera, campi lautamente oziando, è procurare in modo illecito il vantaggio dei ricchi e de’ potenti. E, notate inoltre, che quando eglino si recano al fisco per pagare le tasse, non se ne stanno dal lamentarsi e sospirare; senza pensare a que’ poveretti, i quali pagano le tasse all’erario e il diritto di mezzeria al padrone.
      Altrimenti andava la bisogna al tempo dei Cheu. Pagava, è vero, l’agricoltore, la tassa al fisco; ma godeva intero il frutto dell’opera sua. Il fisco prendeva allora la decima su tutta intera la rendita del [100] campo; mentre oggi la esige sopra quella che spetta al colono, al quale il padrone ha già tolto la metà del raccolto; e si aggiunga che i tributi oggidì non si fermano alla sola decima sulle terre.


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La vecchia Cina
di Carlo Puini
Editore Self Firenze
1913 pagine 246

   





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