La deferenza verso i maggiori d’età e il rispetto verso i genitori viventi, che ne è la conseguenza, vengono estesi al culto dei genitori morti, dei più lontani antenati, degli uomini che inventarono le arti utili alla vita, fino a’ più antichi istitutori della civiltà. L’umanità presente è il prodotto dell’umanità passata, la civiltà odierna, l’odierno benessere è il frutto del lavoro di tutti coloro che ci precedettero; l’uomo deve dunque un culto al passato. La riconoscenza illimitata, religiosa che ognuno deve a’ progenitori, che il presente deve al passato, è un terreno assai adatto, nel pensiero cinese, per stabilire un principio d’autorità, non rivestito di forma divina, e persuadere il popolo a sottoporvisi. Secondo questo modo di vedere, il valore individuale sparisce di fronte a tutti coloro, che volgendoci a’ secoli trascorsi, dobbiamo avere sempre presenti alla mente. L’orgoglio che fa insofferenti d’ogni soggezione, e che viene da una soverchia stima di sè stessi, si frena, si attenua, si perde, considerando il poco valore dell’individuo rispetto alla sterminata serie di defunti, che segnano nel tempo il cammino della [187] civiltà. Diminuita la stima di sè stesso, sopito l’orgoglio, dimostrata all’individuo la sua piccolezza in paragone all’umanità che fu, egli si persuade, più docile e sommesso, d’esser solo una minima parte di quell’organismo sociale, del quale, così erroneamente, presume spesso essere un tutto.
1899.
LA VECCHIA CINA
CARLO PUINI
LA VECCHIA CINA
II.
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