(118)" Sant’Agostino non avrebbe avuto occasione di fare un simile rimprovero all’antica religione cinese.
Del gruppo di divinità, che nel quadro esposto in principio viene appresso questa di cui abbiamo ora discorso, fu pure trattato con certa ampiezza nell’opuscolo citato di sopra;(119) al quale rimando il lettore, [201] se avrà voglia d’averne notizia. Dirò piuttosto alcuna cosa del culto dei morti, che viene in ultimo, nel quadro sopra riferito, ma che è di principale importanza.
La religione de’ morti si può distinguere, presso i Cinesi, nel modo seguente:
culto degli antenati;
culto degli uomini benemeriti alla Società;
pratiche propiziatorie verso gli spiriti di coloro, che essendo morti senza prole, e non ricevendo perciò regolari sagrificj, divengono spiriti malefici;
e finalmente, pratiche propiziatorie verso gli spiriti di coloro, che essendo morti prematuramente, sono nella stessa condizione dei sopraddetti.
Nella famiglia il culto dei morti si estende ad una serie tanto più remota d’antenati, quanto più è alto il grado di gerarchia sociale del capo della casa. Il re (wang, t’en-tsz’) ha due templi speciali, dove sono le tabelle degli antenati più lontani dell’atavo, un tempio pel capo stipite della famiglia, e altri quattro templi consacrati, singolarmente, al padre, all’avo, al proavo, all’atavo. I principi (chu-heu) mancano dei due templi per gli antenati remotissimi; e ne hanno soli cinque; uno consacrato all’antenato, d’onde proviene la casata; e gli altri, al padre, al nonno, al bisnonno e all’atavo.
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