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      La danza e la mimica, accompagnate dalla musica, che avevano tanta parte nell’antico culto cinese, sono pure distintivi di un culto primitivo, analogo a quello dei selvaggi odierni. Si è danzato sempre da tutti i popoli antichi, nelle feste religiose, dinanzi agl’idoli, ai templi, agli altari, alle arche sacre, come oggi nelle lor feste religiose danzano i selvaggi. I Cinesi facevano altrettanto: e molti passi del Li-ki contengono particolari di quelle danze e di quei canti, che erano in uso nelle cerimonie sacre.
     
     
      2.
     
      INTERPRETAZIONE CONFUCIANADELLE ANTICHE CREDENZE POPOLARI
     
      Il divino, suddiviso in un gran numero di spiriti, che nella religione popolare anima la natura, è espresso nella locuzione Kwei-shen. Con essa s’intende tutto quello che nelle altre religioni forma il soprannaturale, il maraviglioso, l’invisibile, l’inconoscibile. Kwéi indica [207] specialmente la parte superstite dell’uomo dopo la morte, le anime, i mani; shen indica più comunemente gli spiriti degli oggetti naturali. Il che non toglie però, che il nome di shen sia dato ancora allo spirito dei morti.
      Ora è da vedere, come intese o volle intendere Confucio queste due espressioni; le quali nelle credenze del volgo significano quelle personalità divine non ben definite, sparse da per tutto, supposte cagioni soprannaturali dei fenomeni fisici; che, nelle altre religioni, vengono dette spiriti, genj, e che sono la particolarità delle religioni animistiche.
      Uno dei discepoli di Confucio domandò il maestro intorno al significato delle parole Shen e Kwei, ch’ei sentiva spesso pronunziare, ma non sapeva quello che precisamente significassero.


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La vecchia Cina
di Carlo Puini
Editore Self Firenze
1913 pagine 246

   





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