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      Essa diceva: "Che il terreno sia piano: che le acque stiano nelle valli; che gli insetti non compariscano, e le piante crescano nei luoghi palustri". Queste parole, che, così a prima giunta, riescono oscure, vengono, dal commento al passo citato, spiegate nel seguente modo "Si prega perchè il suolo non abbia ineguaglianze tali da render difficile ridurlo a campo coltivato; perchè le [225] acque non inondino le terre; perchè le locuste non devastino i campi; e perchè le piante inutili mettano le loro radici nelle paludi, e non ingombrino i luoghi lavorati dall’aratro".
      Il Cheu-li ci fa sapere, che nelle feste agli otto Cha, si cantava una certa canzone del "Libro dei versi" (Shi-king,) accompagnandola col suono di tamburelli(141). La qual cosa starebbe a provare, che queste cerimonie campestri rimontano a un tempo più antico di quello al quale si riferisce il Li-ki, per l’antichità stessa della poesia che recitavasi in quell’occasione.
      In quei tempi remoti così fatti sagrificj rustici erano però diretti a un minor numero di oggetti. E se leggeremo alcuni brani del "Libro delle canzoni" (Shi-king), avremo un’idea della semplicità di quelle cerimonie. Cominciamo dalla canzone che era di rito cantare per la festa del Ta-cha. Questa canzone s’intitola dal nome del luogo d’origine della casa dei Cheu, il quale era Pin; ed ha un’antichità di più che dieci secoli avanti l’era nostra. Dipinge le condizioni del popolo, specie degli agricoltori, le occupazioni campestri proprie dei varj mesi dell’anno; la vita felice che si menava nella città di Pin; gli ordinamenti provvidi che ne rendevano costante il benessere.


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La vecchia Cina
di Carlo Puini
Editore Self Firenze
1913 pagine 246

   





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