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      La pietà filiale è l’obbedienza; e l’obbedienza è secondare la legge morale, per compiere gli obblighi del proprio stato".
      La pietà filiale è perciò la virtù più elogiata d’ogni altra. I consigli rivolti ad inculcarla, le massime che ne eccitano l’osservanza, le regole che dicono come devesi praticare, le prescrizioni minute per non mancare a nessuno dei suoi doveri, gli esempi che ne dimostrano l’efficacia mirabile, empiono molte pagine del Li-ki, prendono la maggior parte dei libri di morale, occupano intere opere. "Non, v’è, ch’io sappia, (scrive a ragione il Bartoli) eziandio nelle antiche memorie contezza di nazione, appresso la quale il natural debito de’ figliuoli inverso i lor genitori si paghi in amore, in riverenza e in quant’altro può farsi a lor beneficio, sì interamente, com’è proprio de’Cinesi.... Or libri antichissimi, universalmente avuti in quel conto che scritture canoniche, d’altro più sensatamente non parlano; e così anche i loro commentatori: e continuo argomento de’ letterati, sopra che esercitar l’ingegno e far pompa dell’eloquenza, è la dignità de’ padri, e ‘l debito de’ figliuoli"(150).
      In Europa è stato scritto molto su questa pietà filiale dei Cinesi; sono state tradotte molte di quelle [235] pagine e di quei trattati: tutti ammirando, nessuno domandandosi la ragione di quello sfoggio di morale e di affettuosi sentimenti(151). E meritava pure il conto di domandarci, perchè nella Cina, fin dalla più alta antichità, venisse inculcata e insegnata una virtù, che è il prodotto d’un grado assai elevato di civiltà, frutto d’educazione raffinata, di gentilezza d’animo, di tenerezza di cuore, tutte cose che non s’addicono alla rozzezza di tempi remotissimi.


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La vecchia Cina
di Carlo Puini
Editore Self Firenze
1913 pagine 246

   





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