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      Le altre due, se non escludono influenze straniere, contengono però molti elementi indigeni. Io non parlerò qui che della seconda, che si porta all’Occidente, perchè dell’altra ne ho parlato distesamente in altro luogo(175).
      Il monte Kwen-lun è il punto di mira delle leggende taoistiche riguardanti le arti di rendersi [265] immortali. Di questo monte l’antica tradizione ortodossa confuciana dice solo, che il popolo il quale abitava la regione circonvicina, portava in tributo al re Yü, tessuti e pelli; ma la tradizione popolare taoistica lo ha preso a soggetto di più favole. In quelle i Cinesi parlano del monte Kwen-lun, come gli Arj del monte Mêru: confondendoli anzi in una sola montagna. Un libro cinese dice infatti: "il Kwen-lun è chiamato nell’India Sü-mi (Sumêru)".
      Certi antichi ricordi geografici attribuiti al grande Yü, dicono che il Kwen-lun è alto undicimila li, e largo diecimila; che i fiumi Azzurro, Bianco, Rosso e Nero, i quali hanno le loro sorgenti nel Lago di Diaspro, gli girano d’attorno; e che in vetta il detto monte ha nove terrazzi. Hwai-nan-tsz’, filosofo taoista vissuto nel II secolo a. C., afferma che il monte è circondato da nove fila di mura, e che da ogni lato è ricco d’alberi producenti perle e pietre preziose. Ai suoi piedi scorre il fiume Giallo, il quale dopo tre giri torna alla sorgente, che è detta Tan-shui, "Acqua vermiglia"; chi ne beve scampa da morte. Il monte è inoltre popolato di Genj; i quali coltivano certi campi di sesamo e di coriandoli; i cui semi, mangiati dai devoti, danno la longevità. Vi sono anche dodici torri di giada di cinque colori, dove dimora Si-wang-mu, alla testa delle sue legioni di spiriti.


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La vecchia Cina
di Carlo Puini
Editore Self Firenze
1913 pagine 246

   





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