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      Un mese fa mi capita in casa un amico. «Ho sentito che vuoi publicare un opuscolo; quanto costerà? — Non è tanto un opuscolo, giacchè probabilmente si tratterà di un tallero; prepara il tuo. — Un tallero! mio caro, tu sei leso nel nomine patris, e una idea così matta non me la sarei aspettata. Una lira, o due al più, pazienza; ma un tallero è una utopia in questi tempi, massime per un libro da ridere. — E dalli con questo ridere! è appunto per ciò che lo voglio mettere a un tallero: se fosse da piangere, lo darei per meno della metà, e ancora me lo lascerebbero tutto per me, chè delle lagrime ne piovono già abbastanza. — No, no; ti replico sul serio che la cosa non può andare: credi tu che adesso il fare denari con carta sia impresa da privati, quando non siano banchieri o agiotatori? noi vedremo piuttosto a diventar carta tutto il denaro. — Ebbene, quand’è così, a costo di una grave truffa a me stesso, metterò il libro a cinque lire. — Ma siamo lontani ancora che diamine! non fosti mai avvezzo a rubare più di tre lire nei tempi dell’abbondanza e delle letture oziose, e ora che ribassano tutti i generi, hai da salire in prezzo tu solo? — Oh, insomma, di calcoli interessati io non me ne intendo, e li detesto; e per la patria mi sento capace di qualunque sacrifizio. Perciò, sai cosa penso di fare? dividerò l’opera in due parti, ciascuna delle quali al prezzo di un solo fiorino, e coll’immenso vantaggio di un lungo respiro tra i due versamenti. Il primo fiorino è la moneta che si spende per andare ad annojarsi alcune ore in un teatro, e non portar via nulla: che qui almeno si paga per uno e, alla peggio, si può annojarsi in molti; e poi qualche cosa resta nelle mani, un libro servibile a cento usi famigliari.


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212