Non ti pare che sia la vera bancarotta dello spirito? Ma viviamo in un’epoca che fa bancarotta di tutto: bisogna dunque adattarci al destino universale.»
Questo dialogo vi svela, o lettori, la prima causa della divisione del libro in due parti, e dell’intervallo tra la publicazione dell’una e dell’altra. Ma poichè mi sento in vena di sincerità e di parlantina, ve ne confiderò una seconda non meno importante, perchè move da una opportunità di tempo, che occorre una sola volta nella vita d’uno scrittore, e non di tutti: sarebbe peccato a lasciarmela fuggire di mano. Fra poche settimane finisce la prima metà del secolo, e subito dopo, senza la interruzione d’un minuto, comincia la seconda. Ed ecco che colla prima parte del mio lavoro giungo ancora in tempo di dare un addio al mezzo secolo che sta per piombare negli abissi del passato: e colla parte seconda saluterò l’altro mezzo secolo appena che sarà entrato in azione. In questo modo parmi quasi di chiudere coll’opera mia un’epoca che finisce male, e aprirne un’altra che forse comincerà peggio. Parmi di mettere un’ipoteca sul secolo tutto, e di prenderne possesso; di bilanciarmi e dondolarmi sul suo centro: ovvero di salirgli in groppa, proprio a mezza schiena, come su di un cavallaccio spaventoso, e di frustarlo davanti e di dietro a tutto potere. Il più grande uomo dell’epoca nostra si assise arbitro fra due secoli (come scrisse il più grande lirico delle epoche tutte), e li fece tacere: ei fe’ silenzio... ed io mi accontento di assidermi appena fra due mezzi secoli, e li lascio anche ciarlare.
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