Alla pagina 102, linea 2, in luogo di anche in questi tempi di libertà sarebbe forse più naturale il dire specialmente in tempo di assedio: una piccola differenza!
Ma a monte tutti gli scrupoli di lingua, di grammatica, e anche di senso commune: che, a sottilizzare in siffatte inezie, bisognerebbe forse cambiare tutto il libro.
L’importante è che l’amico Giorgio (col quale farete conoscenza) è in collera meco, non già per averlo criticato e tribolato durante il pranzo, dalla prima fetta di salame fino all’ultimo sorso di caffè; anzi di ciò mi ringrazia; ma perchè, ripetendo una sua descrizione, ho dimenticato alla pagina 133, linea 6, le parole un poco di salsa di pomi d’oro. Di questa omissione capitale è inconsolabile, come se gli avessi stampato un sonetto senza l’ultima terzina. Ma giacchè quella salsa non può più mettersi a quel posto, prego i lettori a farla mettere almeno nella pentola quando vorranno mangiare una minestra di quel genere veramente perfetta.
25 novembre 1850.
CAPITOLO PRIMO
Convier quelqu’un, c’est se charger de son bonheur pendant tout le temps qu’il est sous notre toit. Brillat-Savarin
Lungi, o profani! via di quà amatori degli artifizii retorici e dell’eloquenza tirata giù dalle nuvole: chè questa volta io parlo al caro popolo: e perciò entro a dirittura, senza esordio, nelle viscere del mio tema e incomincio.
A chi volesse sapere prima di tutto che cosa io intenda per popolo, dico, a scanso di astruse e complicate definizioni, che intendo il ceto medio: giacchè il ceto basso si usa e si osa ancora chiamarlo plebaglia o popolaccio.
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Giorgio
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