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      Io che amo poco i peggiorativi, non mi occupo di questa classe, anche per non rubare la clientela agli ultra-democratici, che si sono messi alla mirabile impresa di farne col tempo la più eletta porzione della società. Oltre di che sarebbe stravaganza ragionar di conviti a gente la quale, non che essere incapace di dar pranzi, ha un bel da fare a cavarsi la fame quotidiana.
      Eppure potrebbe accadere che, mentre il mio libro non si indirizza a costoro, molti di costoro si indirizzassero al mio libro, tratti, non fosse altro, dall’immensa bellezza dell’argomento. Se ciò avvenisse, vada in compenso dei tanti libri che si compongono a benefizio universale, e che sono schivati da tutto il mondo. Dunque, se anche la marmaglia vuol leggere, si serva. Sarà come quando si passa per via presso a una cucina da signori, d’onde emani un soave odore di squisite vivande, che si resta là sui due piedi per qualche istante a deliziarsi almeno colla imaginazione e col naso. Aggiugnete che siffatta lettura potrebbe essere un fausto preludio, quasi un preparamento a un più lieto avvenire. In questo mondo non si sa mai che cosa possa nascere: un’eredità inattesa, un terno al lotto, dei grassi negozii, qualche bricconeria lucrosa, che so io? insomma, non è raro il caso che uno passi dalla categoria degli affamati all’altra tanto rispettabile e filantropica di quei che mangiano bene e fanno mangiare. Ed ecco che a buon conto sarà prudente consiglio di far precedere la teoria alla pratica, per non trovarsi poi imbarcati su di un pelago affatto sconosciuto.


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212