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      Voi dunque dite per modestia una bugia, e fate che la virtù generi il vizio: ma siccome ciò è assurdo, così bisogna concludere che anche la virtù è apparente e non reale; e questo è proprio il vostro caso che mentite per modestia falsa.
      Sembrerà a molti che io spenda troppe parole per un modo di esprimersi meramente convenzionale, cui non si dà il suo letteral valore nè da chi lo dice nè da chi lo sente: perchè difatti non intende a significar altro se non un invito a pranzo. Ma, non sarebbe pure una bella cosa che almeno nella nostra lingua casalinga e sincera ci avvezzassimo a sbandire le frasi antilogiche e stolte, che dividono colle stolte opinioni la fortuna di essere perenni, quasi fossero gemme di stile, o sublimità di concetti? Fate conto che quel modo d’invitare si usava dai nostri bisnonni, e che si userà dai pronipoti nostri, se non gli si grida addosso la croce. Dunque, o lettori, cominciate voi a non adoperarlo più, e fate la carità di spiegare e difundere queste mie ragioni fra tutti gli ignoranti che non leggono nessun libro, e fra tutti gli importanti che non si degnano di libri come i miei; perchè si ricordino in avvenire d’invitare i conoscenti a pranzo, e non già a far penitenza. Diamine! profanare l’idea tutta santa della penitenza, parificandole un buon pranzo! la mi sembra perfino una mezza empietà. E avvertite bene che queste cose io le dico, forzato dalla prepotenza del vero, e a malincuore, perchè stanno contro al nostro interesse commune. Infatti, se l’andar via a pranzare di quà e di là fosse proprio un far penitenza, sapete, miei cari amici, che questa solazzevole e ghiotta Lombardia dovrebbe mutar nome e chiamarsi la moderna Tebaide?


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212

   





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