Perciò tali inviti non sono accettati per buona valuta che dalle così dette faccie bronzine; per tutti gli altri sono semplici parole e nulla più. Quindi è che siffatti invitatori perpetui che non invitano mai, commettono, direi quasi, una piccola mariuoleria, una specie di truffa morale, spendendo ciarle per gentilezze, e aspirando alla gratitudine di favori che non impartiscono in fatto, e forse non hanno voglia d’impartire: con che rassomigliano un poco a certi vecchi volponi che con astute frasi fanno sperare la propria eredità a Tizio, a Cajo, a Sempronio, per cavarne protezione, premure, riguardi, e col perfido intendimento di corbellarli poi tutti. Gli uomini positivi e sinceri schivano le idee vaghe, e stringono sulle concrete. Se bramate di avere un tale a pranzo, e vi sia indifferente il giorno, lasciatelo pur scegliere a lui, ma fate che lo scelga. Per esempio, ditegli: «Mi favorisce oggi? — Non posso. — Ebbene, dimani. — Nemmeno. — Dunque posdimani: insomma, fissiamo un giorno, poichè sarà per me uno dei belli, e, più presto arriverà, me ne farà sperare alcun altro.» Così vi troverete sul campo del buon senso e della schietta cortesia.
Alcuni corrono all’eccesso contrario, invitando con una violenza e pertinacia tale, che la loro volontà diventa una specie di sentenza inappellabile. Si anderà in una casa a far visita: «Oh bravo! che fortuna è la nostra! è proprio capitato a tempo: oggi bisogna restar qui a far compagnia a noi e a qualche buon amico. — Aggradirei tanto volentieri, ma non posso perchè.... — Non ci sono pretesti che tengano, di quì non si parte.
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Tizio Cajo Sempronio
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