Le piccole superstizioni degli spiriti forti fornirebbero materia d’un grosso e curioso volume: sono talvolta idee tradizionali di famiglia; o frutti di panzane udite fin dalla puerizia sotto alla cappa del camino; fantasie lungamente coltivate, abitudini insomma che non si avvertì mai di padroneggiare e che finiscono a padroneggiare affatto se non la ragione, almeno l’imaginazione, che è pur la bestia ombrosa, bisbetica, riottosa. Se ci troveremo a tavola in tredici, lo sapremo di certo, perchè è una specie d’istinto quello di numerare i compagni di mensa: e chi non vi pensasse, se lo sentirebbe a dire nell’orecchio dal vicino. Ora, la cosa potrebbe dispiacere più che mediocremente ad alcuni, anche a uno solo; via! nel secolo dei lumi mi limito a uno. E ciò basta perchè vi facciate un dovere di evitare quella cifra.
Ma, e se, prestabilito il numero di dodici, sopragiugnesse all’ultimo momento un tredicesimo inaspettato? e se dei quattordici ne mancasse uno? — In simili frangenti fate giocare di comodino uno dei vostri figliuoletti, il quale debba pranzare o con voi o in cucina secondo le esigenze del caso. Una gentile signora che non aveva figli faceva servire di comodino un amico, l’amico del cuore. Trovando che per qualunque inaspettato accidente si riescisse al tredici, tentava il colpo di far pregare qualche vicino di casa, in via di grazia, anche solo per sedere ozioso a tavola, qualora avesse già pranzato. Se lo scopo andava fallito, ingiungeva all’amico di svignarsela con destrezza all’atto di porsi a mensa, e andare per quel giorno all’osteria.
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