» A questa rivelazione una signora sentimentale esclamò: «Poverino! si è sagrificato per tutti.» Il giorno susseguente trovo per via il disertore. «Oh, stimatissimo! quale sgraziata combinazione ci tolse jeri la fortuna di averla con noi? si temeva forte della di lei salute. — Caro Dottore, non ha avvertito che saremmo stati a tavola in tredici? — Oh diavolo! è vero pur troppo; e, ora che ci penso, la cosa era tanto più seria e di pessimo augurio perchè non ci mancava nè il medico nè il prete. — Bravo! è precisamente quello che pensava anch’io: la si figuri se io sono uomo da lasciarmi cogliere a questi lacci.»
Dunque saremo a tavola in dodici, quattordici, sedici al più. Va bene: è un numero che non genera ancora confusione, che non rallenta troppo il servizio, che lascia partecipare tutta la comitiva a un tema interessante, senza impedire i parziali discorsi tra i vicini di posto. Rispettiamo pure i pranzi d’un capo di famiglia nelle primarie solennità, quando si raccolgono e figli e nuore e nipoti e cognati e cugini: genere sacro, patriarcale. Ammiriamo pure i pranzi luculleschi, meravigliosi per scienza di oltramontani cuochi, e per ricchezza d’argenti, di cristalleria, di porcellane, di livree: genere artistico, illustre, gran genere! Andiamo anche, secondo la tendenza del secolo, ai mostruosi pranzi di società, dai cento e più coperti, intesi a onorare qualche uomo celebre o potente; genere horrendum, informe, ingens; ma sono tutte cose ben diverse dai pranzetti cordiali e alla buona, di cui voglio ragionarvi.
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Dottore
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