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      Dico bel cuore, piuttosto che buono: perchè il primo implica l’idea della delicatezza e della scelta. Il buon cuore è una virtù che troppo facilmente degenera in vizio, perchè volendo abbracciar troppo, finisce a non istringer nulla. Le umane forze hanno un limite, e bisogna saperle calcolare e applicare saggiamente per trarne il partito migliore. Disperdetele in cento scopi, e non ne raggiungerete alcuno. V’han di quelli che ambiscono di giovare a tutti, servire a tutti, farsi amici tutti: e non riescono in nulla, e nessuno si tien loro obbligato; e in mezzo a mille conoscenti, è miracolo se trovano un amico. Lettori miei, avete mai accettato per buona moneta la stima di uno che stima egualmente qualunque altro? Avete mai avuto la menoma fiducia nella protezione e nelle lettere commendatizie di certi protettori universali? E, ditemi, trovate appetibili certe mense, dove un po’ per volta vedete a sedere un esercito di persone nuove?
      Sì: fra i traviamenti dell’arte nostra, mi è pur d’uopo marcare quello di alcuni facoltosi, che fanno spensieratamente mille relazioni, e prodigano le distinzioni della intimità a chiunque capiti loro tra’ piedi: la casa di costoro è un porto di mare, e la loro tavola sta aperta per tutto il mondo. Dio buono, dar da pranzo a tutto il mondo! ma questo è perfino un invadere i diritti degli Umanitarii, ai quali soli è concesso di convitare l’universo allo sterminato banchetto dei voti ardenti, delle speranze poetiche, delle magnifiche profezie. Che allegria e che abbandono vi può mai essere a una tavola ove siedano sempre diverse faccie sconosciute? e dove ogni momento bisogna dar nel gomito al vicino, e susurrargli all’orecchio: «Chi è quel pancione che vien dopo don Flamminio?


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212

   





Umanitarii Flamminio