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      Ma bisogna trovarsi negli impicci dell’atto pratico. «Sì, il tale è un imbecille nojoso e insoffribile, ma frequenta la casa da trent’anni, lo abbiamo sempre tra i piedi; ai pranzi, se non lo si invita, egli ci viene istessamente: come si fa a cacciarlo via? è una specie di onere vitalizio. Il tal altro è un briccone: chi non lo sa? ma è persona influente e pericolosa, potrebbe farci del male: perciò lo teniamo da conto come il migliore degli amici.» Miei cari, non so che dire; quindi interpretate le mie massime a discrezione, e approfittatene alla meglio, secondo lo spirito e non secondo la lettera. Aggiugnerò solo un pensiero circa ai cattivi soggetti. È compatibile nel fatto di tolerarli chi veramente ha motivo di temerli: ma chi ha una posizione indipendente e forte, no. È una vergogna marcia, è una vera immoralità che i birbanti trovino il tornaconto a essere tali anche per la nostra debolezza di carattere. Il non saper metterli una buona volta alla porta equivale a incoraggiarli nelle loro infamità. Che se i birboni stanno sempre fra loro in lega contro i galantuomini; perchè non vi sarà mai la santa lega dei galantuomini contro i birboni? così questi trionfano spesso su quelli; e così si perpetua una fonte d’infinite ingiustizie e di mali infiniti.
     
      Però, avanti di chiudere il paragrafo sulla scelta dei convitati, bisogna che vi parli di una combinazione gravissima, che assolutamente reclama un serio ed efficace provedimento, e sul quale ho a proporvi una misura nuova, che s’accomoda a tutte le intelligenze ed è applicabile da chichessia.


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212