Finalmente, bisogna che mi appaghiate d’un’altra curiosità. I piccoli fanciulli li tenete a tavola in occasione d’invito? su tale proposito intendiamoci chiaro. O questi ragazzetti sono politi, tranquilli, graziosi, e nulla di più naturale e ragionevole quanto radunare a mensa tutte le età della vita e mischiarci alla nostra piccola posterità. Lo studio dell’infanzia è bello, interessantissimo, commovente: nè vedo opportunità migliore d’istituirlo spontaneamente e senza fatica, che nel libero e dimestico conversare del pranzo. Certe osservazioni piene a un tempo d’ingenuità e d’acutezza; alcuni lampi lucidissimi di una ragione ancora inconscia di sè medesima e quasi istintiva; quella povertà di lingua che fa dei più communi vocaboli i più bizzarri e felici traslati, dando al pensiero una forma ineffabilmente originale e poetica; quel primo, debole, incerto manifestarsi di tendenze e caratteri che poi diventeranno pronunciatissimi, immutabili come i lineamenti del volto: tutto ciò per chi ha mente e cuore è miglior pascolo di qualunque più astrusa disquisizione d’arti o di scienze. Pregherò solo i genitori a non farsi mai commentatori, e meno apologisti della tenera prole, perchè v’è rischio di pigliare i più grossolani qui pro quo e rendersi ridicoli. L’incarico di lodare e ammirare i loro figliuoletti lo lascino tutto ai commensali, che per quanto possano peccare di esaggerazione, staranno sempre al di sotto del cuore paterno e materno, capace di travedere in una fatua sguajataggine gli indizii d’un genio che darà lustro alla famiglia.
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