Quì però non è il caso, e l’idea si accenna in via affatto generica. E poi è un tema che si accommoda a tutti, perchè delle stagioni tutti se ne intendono e possono metter fuori il loro savio parere. Difatti l’argomento vien afferrato con avidità e la conversazione diventa a un tratto animatissima. Uno dice che gli inverni di Lombardia si vanno facendo sempre più rigidi: soggiugne un altro che diventano anche più lunghi, e che si passa di colpo dal gelare all’ardere e viceversa senza temperature intermedie: cosicchè per molta parte d’Italia anche il bel clima va a classificarsi tra i vanti dei tempi andati. Dai fatti si rimonta alle cause, e Giorgio, appassionato per le grandi teorie cosmo-telluriche, dice che la terra va progressivamente raffreddandosi dai poli all’equatore, e che un giorno si avrà la Siberia nel centro dell’Africa, e che infine gli animali tutti moriranno per mancanza di calorico: parole che fanno impallidir di paura le donne, non escluse le vecchie. Il secretario dà la colpa di questi mali alla distruzione delle foreste, e massime agli improvidi diboscamenti delle montagne, cause anche delle frequenti e rapide innondazioni e di tante altre publiche sciagure prevedute e minacciate fin dal principio del secolo da autorevolissimi scrittori(2). Ma il signor Onofrio, che sorride e crolla la testa a siffatte idee, proferisce gravemente che il vero e unico motivo delle rovinate stagioni consiste nell’avere spalancato alla furia dei venti freddi quell’orribile finestraccia che si chiama la strada del Sempione, e di fidarsi di lui che lo sa e lo dice da quarant’anni e più.
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