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      Avesse almeno lasciato fuori quella figura antipatica di N.! ma no: se c’è un soggetto equivoco e mal capitato, Giorgio ha il talento di tirarselo in casa pe’ capegli.» Amici, questa prosa è spaventevole, e pur molto verosimile. Or dunque, se siamo soliti a passare la vita ingannando e illudendo perfino noi stessi, non faremo almeno altretanto riguardo al caro prossimo? Sì, la dissimulazione, celando mille disgustose verità, è la virtù massima dell’incivilimento, e la sua vera arte poetica che riesce a comodo e vantaggio universale. Oh, non c’è tanto da ridere quando leggiamo in Molière di quello sciocco che si meravigliava di aver sempre parlato in prosa senza saperlo: anche noi, senza avvedercene, parliamo quasi sempre in poesia. Il mondo è un teatro, e la vita è una lunga comedia, quando non è corta: noi tutti ora siamo spettatori, e pretendiamo divertirci ed essere perfettamente illusi; ora siamo attori, e dobbiamo rendere con arte somma il carattere che ci tocca o che ci scegliemmo a rappresentare; altrimenti la platea fischia.
     
      Anche Giorgio è inquieto: guarda l’orologio sul caminetto, e poi l’oriuolo da tasca, e poi ancora l’orologio. «Che cosa hai, Giorgio? — Sono già le cinque e mezza, e manca ancora il dottore. — Ebbene, se la tavola è pronta, pranziamo: una mezz’ora di aspettazione è anche troppo, in regola generale, per chichessia: quì poi non si tratta che di un dottore, ed egli stesso non vorrebbe, secondo la sua scienza, che tanta brava gente patisse i languori di stomaco per eccesso di riguardi.


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212

   





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