... eccoci. Bene questa stuoja, e ottimamente questa stufa, che difunde un tepore delizioso. Nella mia lunga esperienza mi è occorso di trovarmi a qualche pranzo, dove si avrebbe dovuto stare in clacche, tabarro e cappello, e anche coll’ombrello spiegato, non dirò sopra la testa, ma dietro le spalle, per ripararsi dai colpi di vento che irrompeva nella sala a ogni aprir d’uscio. Forse col permettere questi disagi, gli ospiti sagaci intendevano darci una eloquente lezione di filosofia morale, ricordandoci che anche in mezzo ai piaceri l’uomo è essenzialmente nato per patire.
«Eh, dico, Giorgio! che significano quelle cartoline distribuite su tutti i coperti? la destinazione dei posti, eh? — Appunto. — Perdona, mio caro, ma questa usanza mi sembra alquanto gretta, e non ti accadrà mai di vederla tra quelle famiglie che dettano le leggi del buon gusto. Implica l’idea di una certa importanza che si vuol dare al vario grado di merito dei convitati, e ciò non va bene. Avendo tra gli ospiti alcune persone degne di speciali riguardi, le s’invitano con disinvoltura a sedere a quei due o tre posti che, secondo la forma della tavola o altre circostanze locali, appaiono i più onorevoli. Tutti gli altri lasciamoli distribuirsi a loro beneplacito. Mi imagino poi che nella destinazione dei posti avrai mirato allo scopo essenziale di alternare uomini e donne il più che si possa. — Certo, questa è la mira principale. — Capisco: pare quasi che si voglia farla in barba alla dottrina cristiana, dove si separano i sessi perfino colle tende: ed è superfluo l’aggiugnere che altra studiosa cura è quella di allontanare più che sia possibile il marito dalla moglie, la madre dalla figlia: e di metter vicini quì un pajo d’amanti già constatati, là due persone che offrano la probabilità di divenir tali.
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Giorgio
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