Caro Giorgio, le sono tutte corbellerie di genere abbastanza rancido, che per solito non conducono a nulla di buono. Certamente che la noja o il piacere d’un pranzo diminuisce o cresce assai dall’avere vicino un individuo antipatico o prediletto; ma chi può mai presumere di cogliere giusto nella secreta, complicata, capricciosa e variabile facenda delle simpatie e delle antipatie? Forse quei due che ordinariamente si trovano anche troppo vicini, oggi avranno il ghiribizzo di tenersi l’un l’altro alla maggiore distanza che loro la tavola permetta: lasciali fare. Quell’altro mo’ e quell’altra che per commune opinione si schivano a tutto potere, oggi, vedi stravaganza! capiteranno vicini a caso, forse per darsi reciprocamente alcune spiegazioni: vorrai tu impedirneli? Insomma, queste attrazioni e ripulsioni umane sono veri problemi di chimica, e qui si tratterebbe di chimica animale, che è una scienza ancor molto bambina: lasciamo dunque fare alla natura che l’ha esercitata da tutti i secoli, e quindi deve intendersene assai più di noi. Perciò leva tosto quelle cartoline, e ognuno sieda presso a chi vuole, che sarà meglio così. E, per esempio, chi avevi tu destinato di mettermi alle costole? — Donna Eufrasia e la moglie del signor Onofrio. — Ah birbone! trattarmi da giubilato in questo modo! fortuna che a tavola io non vedo sessi, ma solamente piatti. Credo poi anche che quelle due anticaglie si detestino al maggior segno: quanto sarebbe compromessa la mia imparzialità! No, no, voglio avere da un lato te, per seccarti co’ miei consigli di filosofia gastronomica, e dall’altro una delle tue figlie che almeno non dirà sciocchezze e, in cambio di voler essere servita da me, starà attenta a non lasciarmi mancare di nulla.
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Giorgio Eufrasia Onofrio
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