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      L’amico padrone si scusava ridendo, ma faceva una certa cera da sornione che mi fece balenare alla mente un orrendo sospetto. Mi rivolgo al vicino, e gli dico sotto voce: «Sono pronto a scommettere che non è ancora finita, e v’è un’altra portata di majale. — Va via, matto, è impossibile. — Ti replico che ci sarà del majale ancora: me lo dice quell’aria da traditore tra il buffo e il serio, e più di tutto il cuore che, trattandosi di malanni, non falla mai. — Quando è così, denunziamolo alla brigata. — No, bestia, riserbiamoci almeno il divertimento della sorpresa, e del sentire un nuovo scoppio d’ira dopo calmata la prima.» Difatti da lì a poco viene l’arrosto; indovineresti? nientemeno che un gran piatto di tomaselle, le quali, come saprai, sono certe piccole otri di carne grassa di majale pesta con pignoli, ma di una natura così perfidamente salata e unta e oleosa, che a spremerne una sola si potrebbe accendere un lumicino per una settimana a S. Antonio del porcello, e resterebbe ancora tanto viscidume in mano da ugnere le ruote di una carrozza. A quella vista, e peggio a quel sapore acre e salso, fu un gridare, anzi un urlare da casa del diavolo: poco mancò che si venisse alle mani, e sarebbe stata indicatissima l’operazione di una battitura che servisse di esempio: ma eravamo dieci contro uno, e, a ogni modo, si stava mangiando in casa sua. Questo però non impedì che tavola stante, anzi in flagrante delitto, non si instituisse un processo con giudizio e sentenza, per la quale, dietro molti considerando, e specialmente ritenuto «che il misfatto del pranzo majalesco sia da attribuirsi piuttosto ad estrema imperizia nell’arte di convitare che a deliberata perversità d’intenzione, il consesso nella sua clemenza limita la condanna del reo alla multa dei sorbetti da mandarsi a prendere all’istante per guarire le gole dei convitati da quella scorticatura; con espressa clausola che, pena un tremendo articolo sulla gazzetta privilegiata, si guardasse bene in quella funesta monomania suina dal far portare per pezzi duri della sugna di porco in ghiaccio.


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212

   





S. Antonio