Non terrò computo nè d’una verdura, nè d’un po’ di salato, come ho detto indietro. Volete proprio sfoggiare? aggiugnete un dolce, un gelato e altre bazzecole di credenza: chiuderò perfino un occhio se vi sarà un pesce squisito che per noi gente mediterranea è oggetto di lusso; e allora avremo un vero pranzo in apolline. Ma poi basta, basta davvero: il di più è sprecamento, è lungaggine, è noja, è indigestione, è lavorare a benefizio della medicina.
Nè vanno più in là le case cospicue per ricchezza e buon governo, nemmeno in giorni d’invito, salvo eccezioni affatto straordinarie: perchè insomma il superfluo e il troppo non vanno bene per nessuna classe, altrimenti i re dovrebbero mangiare per ventiquattro ore ogni giorno: perchè il pranzo da me accennato tien fronte alla potenza di qualunque strenuo mangiatore: perchè a dir bene le sue orazioni dal principio sino alla fine, c’è da diventare obeso e stupido come il boa quando comincia il suo chilo di varii mesi: perchè se c’è un mostro, un imbuto senza fondo, cui regga la coscienza di levarsi da siffatta tavola con un peccato di desiderio ancora, amici, vi prego a farmelo conoscere quest’uomo-fenomeno: che io sono capace.... di dedicargli il mio libro in pegno di ammirazione.
Molti osserveranno che in alcune grandi case si danno pranzi più magnifici di quanto io dissi. Lo so, e ne’ miei tempi felici sedetti anch’io a quelle imbandigioni eroiche, e tenni fermo a quelle erculee prove. Ma bisogna che io metta a riscontro quei casi e il caso vostro, per dimostrare come gli esempii eccezionali sieno piuttosto da ammirarsi che da imitarsi (espressione rubata agli ascetici): in quel modo che non si consiglierebbe mai alla gioventù l’imitazione di Shakespeare o di Byron, perchè quanto in loro rappresenta l’estrema potenza del genio, sarebbe negli altri tronfiezza puerile e sforzi da nani.
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Shakespeare Byron
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