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      Così partirete da quei desinaracci per mettervi in mano dello speziale.
     
      Dunque, agli Illustrissimi la gloria dei pranzi illustri: al popolo il modesto vanto dei pranzetti alla buona. Quando non si faccia troppo è anche facile far bene, e si può escire dall’ordinario con alcuni piattini squisiti, da scegliersi a piacere secondo il genio della cuciniera e anche della padrona di casa che in bella gara faranno campeggiare i loro rispettivi colpi di riserva. Su di che voglio limitarmi a una sola avvertenza. Per evitare le vivande soverchiamente communi, molti omettono il manzo. Male! perchè quello è il cibo per eccellenza, il principe dei cibi, il piatto della virilità, del buon senso, del gusto severo. Il dimenticarlo in un buon pranzo, sia mo’ a lesso, sia in ristretto, sia all’inglese, mi renderebbe similitudine di chi, scrivendo la storia della letteratura italiana, dimenticasse l’Allighieri. Sì, il manzo è il Dante delle mense, come un ghiotto pasticcio di tartufi e selvaggina ne sarebbe l’Ariosto, come.... Peccato che dovrei dilungarmi troppo dal mio punto di vista: altrimenti, vi farei sentire che, in forza di quella mirabile armonia che lega tutte le opere di natura, non che tutti i lavori dell’arte per rapporti incomprensibili alle menti volgari, ogni grande scrittore può ragguagliarsi a qualche vivanda, dalle più semplici alle più complicate: con che, senza tante sottigliezze cachettiche, e pedantesche dissertazioni, s’impronterebbe nella memoria del popolo l’indole, la fisonomia, il carattere individuale dei sommi nostri poeti.


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212

   





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