PREFAZIONE SECONDA
Troverete abbastanza strano e sproporzionato che si faccia un’altra prefazione più grossa della prima al secondo fascicolo d’un’operetta. Ma non posso dispensarvene in buona coscienza, avendo un tale profluvio di cose a dirvi che, per quanto importantissime, non mi sarà possibile il dirle tutte. E poi, siccome vengo assicurato da molti che la prefazione è sempre la parte più felice d’ogni mio lavoro, io non la tralascio mai: anzi una volta volendo tentare di essere felice dal principio alla fine, ho composto un libro che era tutto prefazione: a un di presso come si direbbe d’uno sciocco che è tutto.... non so se mi spiego; e non cominciamo proprio la prima pagina colle trivialità. Ma quantunque io tenti ogni mezzo per servir bene gli avventori di bottega, non mi è mai possibile di piacere a tutti: credo anzi che il publico sia alquanto malcontento dell’ultimo mio parto: e, per parlare con più sincerità che rispetto, anch’io non sono troppo contento del publico rispettabile: oh che delizia se andassimo sempre così d’accordo in ogni cosa!
Per altro, ciò dovrebbe dipendere dall’essere questa la vera epoca dei malcontenti: e mi pare che lo siano tutti e dapertutto. Malcontenti quei che dettano, e malcontenti quei che stanno curvi sotto alla dettatura: malcontento chi stampa, e malcontento chi legge: malcontento chi vuol essere pagato (intendo sempre dei libri), e malcontenti coloro che pagano, e perfino coloro che non pagano mai. È proprio un’influenza dell’aria e del tempo cattivo: voglia dunque il cielo che sia un malanno temporario.
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