Io però, ammettendo in massima di avere tutto il torto, perchè uno non deve mai avere ragione contro molti; anzi, pregando chi mi vuol bene a non andare in collera per le parole già dette, vorrei, così in via puramente academica, ventilare i motivi del malcontento e dei lettori e dell’autore. Proviamo.
Molti mi spiattellano in faccia chiaro e tondo che l’Arte di convitare gli ha fatti ridere molto meno di quanto speravano. Oimè, dite davvero? per essere la prima osservazione e anche la più tremenda, e mi ferisce in mezzo al cuore. Io che non ho mai creduto di valere ad altro che a farvi ridere, ma che in questo mi stimava abilissimo, ora dovrò convincermi della mia inettitudine anche in una cosa tanto da poco? È il più crudele dei disinganni, e mi darei alla disperazione se non fossi in dovere di attendere il colpo finale dall’esito della seconda parte. Cari amici, perdonatemi; che se avete riso poco, non è stato per colpa mia: l’intenzione era ottima, e in tutta buona fede io mi teneva certo di farvi smascellare: altrimenti, che bisogno di escire in quella bravata di sfidarvi a non ridere? vi siete messi in puntiglio, e siccome in una sfida qualcuno ha da perdere, ho perduto io che sono solo contro tanti. E sì che, per raggiugnere il mio scopo, ho fatto di tutto: non ho risparmiato nè lazzi nè freddure: e quando me ne cascava dalla penna alcuna meno cattiva, mi ci fermava sopra, e la voltava su tutti i lati, e la sminuzzava, come se volessi dire: «Ridete, ridete molto, e ridete ancora, chè la m’è venuta fuori pur bella!
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Arte
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