Ecco i frutti amari che il mondo riserva a chi si sacrifica per illuminarlo. Almeno fosse inteso il significato delle sublimi parole vittima dell’arte, vittima della penna, vittima del pensiero. Io, per esempio, sono vittima in tutte e tre le maniere. Eppure hanno stampato in un giornale che ho scritto l’Arte di convitare per essere convitato io stesso: oh che birboni! Voglio consultarmi con un cursore di pretura giubilato, allo scopo di tentare un processo per calunnia, o almeno per diffamazione.
Andiamo avanti. Molti si attendevano dal mio Convito un lauto pasto di satira politica, e si meravigliarono che io non ne abbia servito loro nemmeno un piatto. Oh, in questo scusatemi, ma ho tutta la ragione io, e tutto il torto voi. Vi ho dato, e continuo adesso a darvi da mangiar bene e da bever meglio, e spero che nessuno partirà dalla tavola di Giorgio coll’intenzione di cenare. Ma di vivande troppo eccitanti, ma di liquori forti non voglio e non posso fornirvene nè come medico nè come uomo di giudizio. Non lo sapete che pei libri c’è ancora la così detta censura? E quantunque nessuno senta più di me quanto fosse umiliante e crudele per chi ha criterio e senso di onore quel sistema di sospettosa, assidua, arbitraria persecuzione d’ogni pensiero virile, e d’ogni innocuo scherzo, che la resero già tanto odiata; pure vi dico essere oggidì ottima cosa che la censura continui: perchè in tempi eccezionali e senza norme conosciute si sente il bisogno di appoggiarsi a un’autorità, e perchè quella autorità adesso è mitissima e intenta solo all’utile scopo di impedire che un incauto si faccia del male.
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Arte Convito Giorgio
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