Do prova di esserne persuaso anch’io che, quantunque autore di scritti leggieri, colgo per via, quando la mi capita, e talora la fo capitare a studio, qualche buona e opportuna verità: e questo poco può valere per molto, in quanto che fa più colpo un pensiero onesto e serio in bocca di un matto, che non un subbisso di sapienza in un libro formidabile. Ciò posto, soggiungo che bisogna ammettere delle eccezioni; che il bello anche puro e semplice si farà sempre lume da sè; e che non si deve spingere quella teorica alla durezza, all’inesorabilità, al puritanismo. Ogni ingenuo ha l’indole propria, e stiamo freschi se pretendiamo da tutti o pretta scienza, o balsamo pel cuore, o calde aspirazioni di miglioramenti sociali. Che davvero tutti e sempre non avessimo a far altro che trascinare faticosamente il gran carro del progresso? è un pensiero che leva il respiro. La rigidità di questi principii sapete a qual punto ridurrà la Critica? ve lo dirò io: ora a indispettirsi contro le opere di merito che sono pur così rare; ora a struggersi di tenerezza davanti a qualunque meschinità che abbia un poco di fragranza umanitaria. E poi lasceremo crescer la polvere sui classici migliori che, salvo poche eccezioni, pensavano piuttosto a scriver bene che per il bene: e poi condanneremo al silenzio tutta la musica che non abbia carattere sacro o marziale: e poi rifiuteremo come inconcludenti nove decimi delle opere di pittura: e poi, per finirla, ci rincrescerà che si stacchino dalle cave quei marmi che non debbano informarsi alla Religione di Canova, allo Spartaco di Vela, all’Italia di Puttinati.
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