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      E coloro che per avventura non fossero troppo forniti di queste doti? I precetti complessivi e le teorie generiche urtano appunto in questo scoglio di supporre talenti e attitudini assai più desiderabili che frequenti: onde avviene che dimandando moltissimo, per solito non ottengono nulla. Perciò io, volendo venire a qualche cosa di concreto e preciso in sì vasta materia, mi limiterò d’indicare un pajo almeno tra i discorsi da evitarsi e da impedirsi più gelosamente a mensa. Veramente, sarebbero da evitarsi sempre e dappertutto; ma altrove si ha il vantaggio di potersene scansare coll’andar via, o con lo scindere la conversazione in varii gruppi: a tavola no, perchè si è proprio là in circolo per istarci fino alla fine, e condannati a sentire tutto quanto si dice.
      Vi consiglio caldamente a impedire i discorsi irreligiosi; e per ottener questo, vorrei che a tavola e in grossa compagnia studiosamente evitaste ogni tema spettante a religione; perchè, salvo il caso di buone famiglie dal credo vecchio che innocentemente discutano se il tale confessore sia di manica larga o stretta, o se il digiuno quaresimale sia abbastanza rigoroso con una fetta di pane nel cioccolatte, occorre troppo spesso di sentire spropositi grossi che turbano e scandalizzano le coscienze; giacchè sotto allo specioso pretesto di opinioni filosofiche si arriva a metter fuori le più ributtanti professioni di ateismo: e queste sono incomportabili enormità. La santa religione dei padri nostri bisogna rispettarla e farla rispettare: perchè se anche non fosse quella vitalissima e suprema verità che è: se, per assurda ipotesi, fosse una invenzione umana, sarebbe la più grande, la più preziosa, la più necessaria delle invenzioni: che, passata l’età dei piaceri e delle illusioni, unica riempie il vuoto doloroso della vecchiezza e rende le infermità tolerabili con la speranza d’una felicità imperitura: che salva dalla disperazione le classi povere, e, tenutele in freno salutare, rende loro meritorie le più crudeli privazioni e le più bestiali fatiche: che perfezionò la morale collocandola prima nell’intenzione e nell’affetto che negli atti materiali: che condannò la schiavitù e proclamò l’eguaglianza di tutti gli uomini: che anatemizza gli abusi del potere, e dice guai! ai violenti, e vuole il regno della giustizia, della fratellanza, dell’amore.


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212