E non doveva quella chiamarsi maldicenza sublime? Con quattro parole si definiva tutto un uomo, testa e cuore, come un abile artista con quattro segni di matita vi dà l’evidenza fisica e morale d’una fisonomia marcata: e in fine dei conti, beate sotto a quelle lingue le persone di carattere e dabbene! Cari amici, se non volete riescire enormemente stucchevoli e sazievoli, col rischio anche di ripetere per la centesima volta le stesse cose senza avvedervene, guardatevi per carità da quelle maldicenze di parentela che si risolvono in superbiette di preminenze, o in piccole invidie di agiatezza, o in piccole gelosie di predilezioni, o più spesso ancora in rabbiose passioni d’interesse pecuniario. Ora è la lunga storia dell’infame fratello, che dopo essere costato un tesoro in vizii e aver rovinata la casa, riescì, a forza di ipocrisie e di raggiri, a carpire tutta l’eredità di quel mostro di zio(5), che aveva tante obbligazioni con voi, e vi aveva sempre lusingati: vecchio scelerato e traditore che, se v’è la casa del diavolo, è là, è là calzato e vestito a pagare il fio di quell’orribile iniquità. Ora si tratta dei perfidi cognati che fecero sempre a ruffa raffa a chi più pelava l’imbecille vostro suocero; e che tenevano le sorelle in conto di bestie; e che ottennero di farle privare di tutta la parte disponibile di eredità; e che anche la legittima l’hanno fatta risultare a metà del vero mediante perizie ingiuste degli stabili: figurarsi! il tal fondo, un pezzo di terra impagabile, che rendeva tante moggia di frumento e aveva gelsi per tante oncie di semente,
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