Il saper vivere consiste nel sentire quasi istintivamente, cioè per rapido e inavvertito esercizio del buon senso, l’atmosfera in cui ci troviamo collocati, e saper subito acclimatarvici: e in un sito essere affatto alla buona, in un altro tenerci a livello delle più squisite maniere: entrando in un circolo di persone nuove, indovinarne dalle prime parole, e quasi dal primo giro d’occhio sulle fisonomie, l’indole dominante, e non fare il dotto con gl’ignoranti, nè il frizzante coi semplici, nè il democratico con quei del blasone, nè lo stordito o lo sciocco, se è possibile, con gente seria e di carattere; nè pretendere molte forchette e molti coltelli dove ce n’è appena per il bisogno. In queste e tant’altre simili cose stà il viver del mondo. Che i signori tengano gran quantità d’argenteria da tavola, va benissimo: come fanno ottimamente a tenere molti servitori, molti cavalli, molti quadri, ecc., perchè il lusso alimenta il commercio, le arti, l’industria, ed è una benedizione sociale. Ma se c’è una superfluità, della quale nessuno dovrebbe sentire la mancanza, è proprio quella del cambiar le posate. Ragioniamo un poco filosoficamente. Diogene fu pure un uomo straordinario: forse il più matto degli uomini savii ma anche il più savio degli uomini matti; insomma, qualche cosa di grande, se dopo tanti secoli il suo nome è ancora celebre e popolare in tutto il mondo. Ebbene, egli per cibarsi, e fino per abbeverarsi, non adoperava che lo strumento naturale delle proprie mani; e questa fu una delle sue glorie maggiori.
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