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      Ora, i Francesi sono talmente orbi e digiuni d’ogni nozione sulle polpette, che non hanno nemmeno nella loro lingua la parola per significarle: gl’infelici, che si credono il primo popolo del mondo! E a ragionar loro di polpette sarebbe come chi facesse ai cannibali il panegirico del papa. Le polpette sono una vivanda affatto italiana, anzi direi esclusivamente lombarda, dietro informazioni attinte da autorità gravissime in questa materia. Difatti, nel mio viaggio scientifico del 1845, in occasione del settimo congresso dei dotti, non mangiai e non vidi mangiar polpette nè a Napoli, nè a Roma, nè a Genova; e sì che io, da osservatore attento e coscenzioso, passava dai più rispettabili alberghi alle più modeste osterie del popolo. La vera metropoli delle polpette è Milano, dove se ne fa grande consumo; dove mi ricordo aver sentito molti anni addietro un vecchio conte a sclamare: «Se si potesse raccogliere tutte le polpette che io ho mangiate in vita mia, vi sarebbe da selciarne la città dalla Piazza del Duomo fino al dazio di Porta Orientale.» Pensiero poetico, iperbole sublime degna d’un gran patrizio principe delle polpette! Ora, io dimando: se costituiscono una vivanda tutta italiana e nostrale, non è appunto il caso di farne orgogliosa mostra sulle mense migliori? non difenderemo fino all’ultimo respiro la nazionalità e l’indipendenza.... almeno nelle polpette? Ricordiamoci qualche volta i versi meravigliosi del nostro non mai abbastanza lagrimato Giusti:
     
      Chi del natìo terreno i doni sprezza,


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212

   





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