» Sopragiunse la moglie che, udita la questione, si mise risolutamente dalla parte del cuoco. Il decoro della carica non permetteva in quel momento ulteriori diverbii, e s’andò a dormire. Ma come poteva dormire Sua Eccellenza avendo in corpo la rabbia di quella disdetta col cuoco, con un vil servitore non pagato nemmeno dall’erario, ma dal suo privato peculio? Difatti non chiuse occhio se non dopo aver meditato e fissato un suo progetto di rivincita pel giorno seguente. Alla mattina, tutto serio e taciturno, si preparò in grand’abito di gala, e quando, alle undici, gli annunziarono che la carrozza era pronta, precipitò come fulmine in cucina, e piantandosi duro nel mezzo, con la destra sull’elsa della spada, gridò: «Cuoco! jeri sera avete disobedito al padrone di casa: oggi, intendetemi bene, vi parlo come magistrato e rappresentante del sovrano: comando le polpette!» e calcatosi con fierezza sulla testa il cappello piumato, si slanciò sdegnosamente nella carrozza e corse alla cattedrale a celebrare la vittoria di Napoleone e la propria.
Ma riprendiamo il filo del nostro discorso: dove siamo rimasti? ah, sì; all’abuso di costringere gli invitati a mangiar troppo. Sapete, miei cari, che questo è un disordine quanto commune, altretanto grave? A un pranzo d’invito i più passano già la solita misura, e danno in qualche intemperanza; ben inteso, anche coloro che hanno un ottimo desinare in casa propria, perchè insomma la varietà e la compagnia e l’allegria sono stimolo a ciò. Perchè dunque volere che un onesto divertimento si cambii in un attentato alla salute?
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Sua Eccellenza Napoleone
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