È troppo fuori d’ogni ragionevolezza il supporre che i commensali per discrezione male intesa o per timidezza o per qualsiasi altro futile riguardo si astengano dal soddisfare pienamente l’appetito. Perciò lasciate che ognuno si serva a norma del proprio ventricolo e del proprio gusto. Ma no: si sorveglia, si prega, s’impone, si sforza, e si arriva perfino alla gherminella di far rivolgere altrove lo sguardo del perseguitato con qualche pretesto per fargli magicamente ricomparir davanti il piatto pieno. E se taluno rifiuta affatto una vivanda, è un farsene le meraviglie, e volerne sapere il perchè, e quasi instituirne un processo. Da ciò le perpetue spiegazioni, ora del signor Nicodemo che vi narra come egli da una certa epoca in poi, dopo una strana malattia, prese in aborrimento qualunque verdura, e in qualunque modo cucinata, ad eccezione della tale: ora è la signora Zenobia che vi racconta del suo insuperabile ribrezzo sino dalla infanzia per ogni sorta di stracchini e di formaggi grassi, dei quali il solo odore le sconvolge lo stomaco: e che quand’era piccina, suo padre e sua madre, credendolo un capriccio, tentarono cento volte di romperglielo con le buone e con le cattive, fino col farle mangiare lo stracchino nascosto e larvato da altre materie alimentari; ma ella ne stava malissimo e sempre lo rimetteva. Oh caro a tavola, oh adorabile quell’elegantissimo rimettere della signora Zenobia!
Il male sarebbe assai minore se il padrone e la padrona di casa s’incaricassero soli di questo genere di persecuzione: due contro molti si stancherebbero, e di quando in quando lascerebbero respirare le loro vittime.
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Nicodemo Zenobia Zenobia
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