Oh, no! non è a questi rami di gloria che io dedico la severità degli studii, la pertinacia delle veglie, il sagrificio della salute. Sono ben altri gli scopi della mia ambizione: io tendo a distruggere davvero gli abusi che vo mano mano descrivendo: io spero dal mio libro frutti di popolare incivilimento. Quanta consolazione se da quì a un anno mi arrivassero buone nuove da tutte le parti! per esempio: che alla mensa del tale, dove si sedeva così stretti e disagiati, ora ci si sta comodamente e si può muovere le braccia: che il signor tal altro ha fatto mettere nella sala da pranzo una stuoja e una stufa: che in casa A non si è più obbligati a lodare tutte le vivande dacchè il padrone non ne parla più: che un buon padre di famiglia sentendo a intavolarsi ciarle di cattivo genere, ebbe il coraggio di dire: «Signori, il recente trattato sull’arte di convitare anatemizza severamente questi discorsi, massime dove vi sono ragazzi»: che perfino l’amico Gervaso da qualche tempo non si fa più uno stretto dovere di mandar via brilli i suoi invitati a forza di farli colmare e vuotare i bicchieri ecc. ecc. Insomma, io spero nientemeno che di raggiugnere in parte lo scopo che si prefigge il mio libro: cosa che ai libri non accade quasi mai di ottenere.
CAPITOLO NONO
Giacchè s’è nominato per incidenza il vino, mi fermerò un istante a parlarne di proposito. V’ha della gente così dabbene e ingenua che non se ne occupa punto: e quando per un pranzo hanno pensato alle casseruole, credono di aver provveduto a tutto.
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Gervaso
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