Il peggio poi si è che il bordò presenta una terribile antitesi in confronto allo sciampagna: che, mentre di questo con un pajo di bottiglie in fine di tavola fate schiamazzare d’allegria una numerosa comitiva, dell’altro bisognerebbe, a rigore di logica, servir tutto il pasto, e quindi darne almeno una bottiglia per testa, perchè appunto è un vino pasteggiabile e leggiero. Quindi è un errore il darlo a pranzo avanzato, e quando si sono già serviti vini più energici: perchè nella saggia economia del piacere si progredisce sempre a minori ad majus, e non si argomenta mai a majori ad minus: altrimenti diventereste, senza volerlo, uomini retrogradi, e veri codini, per usare una parola di moda. E che al pranzo debba applicarsi il grande assioma crescit eundo (ben inteso che la progressione non è già nel costo delle cose, ma nella efficacia delle sensazioni), lo si prova da ciò che si va gradatamente dalla blanda minestra fino al sapidissimo e aromatico arrosto. Si potrebbe invertire quest’ordine senza sconcio? sarebbe come studiare prima la retorica, e la grammatica dopo.
Soggiugnerò poi che il bordò ha molte gradazioni di merito, e perciò di prezzo; gradazioni che vogliono, a distinguerle, palati educatissimi: come abbisogna un occhio esperto di artista a discernere una tela originale da una buona copia. Perciò quì tra noi succede spesso, e ve lo dico di certa scienza, che si paga ora otto, ora dieci franchi la bottiglia, e anche dodici, e anche peggio, un bordò che il commercio giura essere di prima qualità, quando è delle inferiori, e vale sul luogo tre franchi e anche meno.
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