Eppure, quantunque fossero veramente i più begli anni della vita, si era inquieti, malcontenti, smaniosissimi di finirla: e si malediceva cordialmente Pavia, e, se te ne ricordi, eravamo in collera con Napoleone perchè nel 96 le diede solamente il sacco e non il fuoco da annichilarla: oh che baroni! quella popolazione poteva essere più buona e tollerante? e sì che l’accumularsi di tanta gioventù matta e ardente deve essere per la cittadinanza tranquilla e onesta un motivo perpetuo di allarme sotto a varii e serii rapporti. Ma! cose umane: anzi è proprio questo il destino dell’umanità, e lo disse molto bene La Bruyère, mi pare: «Si passa la prima metà della vita a desiderar la seconda: e poi si passa la seconda a sospirar dietro alla prima».
Ahi, ahi, cosa vedo! per pietà arrestatevi, quelle belle ragazze. Non c’è più rimedio: hanno già versato tutto il caffè in diciotto chicchere: dimodochè, in cambio di sorbirlo bollente, per ora che sarà distribuito lo si beverà freddo. E, per mia regola, ci avreste anche messo lo zucchero? — Sissignore, a tutti e in abbondanza. — Ma benone! (oh poveretto me! un momento solo che mi dimenticai di sorvegliare e che, rivolto al fuoco, si dicevano quattro fanfaluche con Giorgio, non potendo farmene una grossa lui, me l’hanno fatta grossissima le sue figlie). Sentite un poco, le mie care figliuole: mettiamo il caso che un pajo di merlotti si incapricciassero di sposarvi, cosa che vi auguro di cuore; quali informazioni potrei dare di voi, se non sapete nemmeno servire il caffè, parte così integrante dell’educazione feminile?
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Pavia Napoleone La Bruyère Giorgio
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