Se io possedessi la millesima parte del genio statistico di alcuni nostri grandi filosofi, per esempio di un Adriano Balbi, vorrei studiare e sciogliere un sommo problema. Verificare di quanti milioni d’anime (e di corpi) siasi aumentata la popolazione del globo dall’epoca della difusione del caffè: e poi calcolare, almeno in via approssimativa, quanta parte di tale aumento sia da accreditarsi al caffè. Dopo le quali osservazioni non vi meraviglierete più se le più potenti e incivilite nazioni che ammettono il principio della libertà, almeno astrattamente, in casa propria, dopo molte ciarle chiamate protocolli chiudano ancora un occhio tolerante su quel nefando mercato, ossia macello di carne umana conosciuto sotto al nome di tratta dei negri. Capperi! sono coloro che, per compensazione, ci mantengono il caffè, e per giunta anche lo zucchero da raddolcirlo.
Mio caro Giorgio, ora che non resta più nulla a fare pei piaceri della gola, vi sono però ancora diverse convenienze reciproche da osservare. Noi convitati dobbiamo restar qui almeno almeno una buona mezz’ora, tanto che non s’abbia a credere che siamo venuti solo per mangiare. Dopo, chi avesse occupazioni d’urgenza, o fosse sovranamente annojato della compagnia (si parla in genere, non che qui sia il caso), dice una parola gentile alla signora di casa, e dà una stretta di mano a te, e cheto cheto scompare senza seccarsi in complimenti con una comitiva verbosa e chiassosa. Ma siamo anche in diritto di restar qui tutta sera: e a voi di casa incombono ancora tutti i doveri della più vigile e cordiale ospitalità. Brevemente, noi non siamo più in vostra balìa, ma voi continuate ad essere ai nostri commandi.
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Adriano Balbi Giorgio
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