Che in ricambio d’un pranzo elegante noi v’ajutiamo a gabbare la noja per alcune ore, è un negozio equo: ma obligarci a fare esercizio d’umiltà cristiana, è troppa usura.
Chi visse al cibo casalingo avvezzo,
Stimol non sente di sì bassa fameChe paghi un illustrissimo tegame
Sì caro prezzo.
(Giusti)
Solamente il fastidio di doverci andare in abito o giubba e guanti bianchi, come per festa da ballo, è un affar serio. Quella foggia di vestire dovrebbe essere affatto abolita a luce di sole, e riservarsi per quella delle candele. Noi gente alla buona, specialmente se siamo molto grassi, facciamo pur la ridicola figura da scimiotti con quella marsinetta in dosso: e anche quei guanti per chi non c’è avvezzo sono antipatici in grado supremo: fanno andare intorno con le dita distese e allargate, e pare che minaccino alle mani un colpo di apoplessia. Io vi confesso che nelle straordinarie e fortunatamente rarissime circostanze che impongono i guanti mi sento un uomo tutto occupato e imbarazzato delle mie mani: non ardisco neppure di metterle nelle saccocce, secondo il mio solito, giacchè mi pare che i bei guanti sieno fatti appunto per essere mostrati a tutti, almeno quelle poche volte che si può farsi onore. La gente poi che ci vede per le strade in quella foggia inusitata e di pieno giorno, indovina subito di che spedizione si tratta, e sogghigna. Difatti, una delle due: o si va a portare il baldacchino in chiesa, o si va a un pranzo eroico. Per la prima ipotesi, oltre all’essere caso raro, non vi crederanno alla ciera, tanto più adesso che abbiamo quasi tutti i baffi; giacchè ci vogliono fisonomie speciali, e perfino speciali barbe per portabaldacchini.
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Giusti
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