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      La libertà è un'idea, o una parola, che fa delirare, affaticare e combattere tutte le generazioni. Una parola, dissi, perché questa è uguale per tutti. L'idea varia secondo i cervelli, anzi per i cervelli senza idee non sarà mai altro che la combinazione di alcune lettere dell'alfabeto. Molti tirano la libertà a questo concetto finale: «Ubbidire meno che si può; e, più che si può, comandare». Molti altri intenderebbero piuttosto: «Non comandare e non ubbidire a nessuno». Chi è fornito di senso comune s'accorge subito che caos sarebbe la società tanto nell'una che nell'altra maniera. Il gatto però è del secondo partito, e per conto proprio riduce a vera e pratica realtà ciò che per gli uomini è un'eterna chimera. Ma il peggio si è, che gli uomini sono indegni della libertà, in qualunque modo si voglia intenderla, perché sono incapaci di goderne: e anche quando a forza di oro e di sangue hanno raggiunto una qualsiasi libertà pubblica, corrono bestialmente a sacrificare la libertà privata, la vera e miglior libertà, davanti all'altare delle passioni.
      Chi si fa schiavo dell'avarizia, chi dell'ambizione, chi delle femmine, chi della gola, chi del giuoco, chi della pigrizia; tiranni tutti assai più crudeli e tremendi di quei che urlano e picchian de' piedi sul teatro dell'Alfieri. Altri lavora indefessamente a rendersi servo di bisogni artificiali, strani, nauseosi, riducendosi, per esempio, alla incapacità di star due ore senza fumar tabacco, o due minuti senza tirarlo su per le narici.


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Sul gatto
Cenni fisiologici e morali
di Giovanni Rajberti
Editore Bernardoni Milano
1846 pagine 98

   





Alfieri