Il diplomatico francese, cui tanto crebbe la fama di sapiente dall'aver passato la vita tra il tacere e il proferir monosillabi, non vi rende a pennello la prudenza, la dissimulazione, l'abituale taciturnità del gatto? La sua carriera fu una perpetua e felice imitazione di questa bestia, la quale stando in casa propria s'accomoda facilmente con tutti gli inquilini che subentrano, e si fa accarezzare e dar la pietanza da gente d'ogni indole e d'ogni parere.
Nessuno poi è più machiavellico del gatto, che per scienza innata praticò le stesse massime del Secretario fiorentino tanti secoli prima di lui. Pigliamo a caso un solo esempio tra mille. Insegna quel gran maestro di politica che «i nemici bisogna vezzeggiarli o spegnerli». Ebbene, il gatto ha inimicizia grande col topo e col cane: spegne inesorabilmente il primo, che è più debole di lui; ma col secondo, perché è più forte, se lo mettete nella necessità di convivere, lo tollera prudentemente, e finisce a mangiar nello stesso piatto e a dormirgli sul dorso. E il procedere del vero talento che fa di necessità virtù, ma virtù completa, la quale non lascia rancori secreti, e lo rende sincero amico di un naturale nemico. Non come noi uomini, che se ci troviamo in necessità di blandire alcun nemico importante, d'ordinario lo facciamo così goffamente, e con tali indizi di sforzo, da lasciare intatto l'odio e farvi germogliar vicino il disprezzo.
Quando poi il gatto viene assalito dal cane, spiega una così fina tattica da disgradar l'Arte della guerra di Machiavelli; tanto più che quel trattato divenne vieto e inservibile per le mutate condizioni dell'armi, mentre il gatto guerreggiò fin dal principio dei secoli in sì perfetta maniera che non ammise più miglioramenti.
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Sul gatto
Cenni fisiologici e morali
di Giovanni Rajberti
Editore Bernardoni Milano 1846
pagine 98 |
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Secretario Arte Machiavelli
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