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      Se non è più in tempo a fuggire, prende una posizione vantaggiosa vicino al nemico, spiega tutto l'apparato delle sue forze reali e fittizie, inarcandosi, mettendo fuori le unghie, mostrando i denti. Tenta di comparire molto più grosso e terribile che non è, e fa crescer di volume perfino la coda, sollevando tutto il pelo; e spalanca gli occhi e mena schiaffi in aria e sbuffa e soffia che è una maraviglia. Il cane, che con un salto e due colpi di mascelle può metterlo in brani, si lascia imporre da questi apparati di difesa e quasi ammaliare da sì furibondi sforzi dell'impotenza: e in cambio di agire, si sfiata, come tutte le persone di buon cuore, in vani abbaiamenti: finché l'altro, colta con accorgimento squisito un'istantanea divagazione, fugge precipitoso, guadagna un uscio, una finestra, un buco di cantina, e lascia lì l'avversario con una spanna di muso.
      Insomma, se il finale e supremo concetto della pratica filosofia può ridursi alla scienza di viver bene, nessuno, né uomo né bestia, è più filosofo del gatto. E duolmi pensando che il medesimo non ami i vani titoli e i diplomi accademici: perché in compenso del non esser egli stato mai come i due accennati, filosofo dei prìncipi, vorrei farlo proclamare principe dei filosofi.
      Il gatto cacciatore
     
      Fra i divertimenti che il gatto si procura a sollievo di sue mentali fatiche, primeggia la caccia: il migliore de' passatempi campestri, ch'egli sa godere deliziosamente anche nel cuore delle città, senza licenza e senza tasse, senza reti e senza zimbelli, senza armi artificiali e senza riserve di stagioni.


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Sul gatto
Cenni fisiologici e morali
di Giovanni Rajberti
Editore Bernardoni Milano
1846 pagine 98