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      Né si creda, che il gatto sia spinto dalla fame, oibò! egli, l'amico del cuoco e della fantesca, il perpetuo commensale di casa! Tant'è vero, che quando assale uno dei grossi sorci da palude, gli mette le budella al sole, e sdegnosamente lo abbandona ai calci del passeggiero. Nel qual caso, la sua caccia perde il carattere di passatempo per assumere dignità di grave e pericolosa guerra.
      Molte volte il gatto si piglia trastullo a lungo del topo, e vuole (come diceva l'imperatore Vitellio delle sue vittime) che senta di morire. Perciò, dopo la prima scrollatina, lo lascia correre alquanto, dandogli con raffinata crudeltà una momentanea speranza di scampo: e poi l'addenta, e poi gli lascia fare un'altra corserella, sempre collocandosi strategicamente tra lui e il buco di ritirata. Spesse volte il topo è già morto, che egli lo scuote colla zampa e lo incoraggia a fare ancora un po' di moto. Allora se lo piglia fra' denti, e lo porta in famiglia, ed è capace di saltarvi sul letto o sulla tavola, per mostrarvi la sua preda e riceverne le congratulazioni. Insomma, rassomiglia nella vanità a quasi tutti i cacciatori che inchiodano il falco sulla porta della casa, che mostrano a tutti il loro carniere, e hanno un aneddoto particolare per ogni uccello che vi è dentro; che raccontano mille e una volta quelle tali loro famosissime imprese.
      Il gatto ladro
     
      Ora io voglio accostarmi a una questione scabrosa, e lo devo per amore d'imparzialità, se anche avesse a soffrirne la gloria del mio eroe.


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Sul gatto
Cenni fisiologici e morali
di Giovanni Rajberti
Editore Bernardoni Milano
1846 pagine 98

   





Vitellio