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      Perciò, se le riesce d'impigliare nell'amorosa pania qualche ingenuo zittello, lasciate fare a lei a comprometterlo ben bene, a presentarlo agli amici, e specialmente alle amiche, a farsi accompagnare da lui al teatro, alle conversazioni, al più frequentato passeggio, in carrozza, insieme al cagnolino, simbolo eloquente della più immacolata fede. Insomma, il più vivo e grande interesse di quel suo amore è che tutti sappiano e vedano e tocchino con mano che ha un amore, e dico un amore fresco, cieco, quindi pieno di abbandono e di adorabili imprudenze.
      Di siffatti esempi riboccano le città più colte e avanzate in ogni via di progresso: degna antitesi a que' barbari tempi, quando i brutali mariti per lieve sospetto di secretissimo fallo mettevano le dame al tremendo dilemma del veleno o del pugnale. Ma per qualche cosa ci ha pur da essere l'incivilimento, e questo consiste in gran parte nell'ingentilirsi dei costumi: cioè nel sostituirsi alle energiche passioni le fiacche passioncelle: non odi aperti, ma ben dissimulate antipatie; non vendette sanguinose, ma epigrammi e maldicenze; non ambizioni ardenti, ma risibili vanità. Ora, la vanità entra come elemento primitivo a determinare un numero infinito d'amori e d'amoretti; e fa prediligere agli uomini il possesso della beltà da scena, e fa che le donne si contendano accanitamente i più famigerati lioncini da mansuefare. E siccome la vanità può definirsi «ambizione nelle cose piccole», ed è la sola ambizione delle piccole teste; così va sempre più estendendo il suo tirannico impero in quest'epoca arida di grandi avvenimenti, fra questo vivere tanto socievole, accomunato, ozioso, sitibondo del romanzo intimo e dei pettegolezzi scandalosi, con una smania così diffusa di dar nell'occhio e far dire di sé.


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Sul gatto
Cenni fisiologici e morali
di Giovanni Rajberti
Editore Bernardoni Milano
1846 pagine 98