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      E appunto vi sono molti gatti poltroni che non si occupano neppure di questa faccenda, il che è proprio uno spingere al massimo grado l'ozio filosofico: e appena potrebbero reggere al loro confronto que' ricchi che non vogliono assolutamente saperne di nulla, neppur di viaggiare, nemmeno di cavalcare, neanche d'andare a caccia; che insomma vivono solo per passare la vita.
      Da varie osservazioni fatte è ovvio l'inferire che il gatto è migliore di noi anche nei vizi (egli ha troppo ingegno per non averne, e per non averli squisiti e perfetti). Perciò, siccome bisogna far bene tutto, non escluso il male, così sto per proporvi che, se mai non voleste proprio imitarlo in nessuna virtù, ché a ciò mal si piega la nostra corrotta natura, almeno vi degniate prenderlo a modello nel vizio; e troverete che ancora sarà il minor male. Si può esser più discreto e seducente in una domanda che ha perfino l'apparente attrattiva dell'immoralità? Ma un solo esempio varrà a giustificarmi.
      Il gatto ama d'ubriacarsi, e avidamente si procura questo piacere per mezzo di una pianticella, il maro, detta perciò erba dei gatti. Egli adunque, quando può averne, ne gusta alquanto; e ciò basta a esaltargli talmente i nervi cerebrali che, perduta ogni compostezza, si agita, salta, guizza, e si rotola sul terreno. Ma dopo pochi minuti di ebbrietà così piacevole e innocua, cessa quel vaneggiamento, e ritorna alle sue più ragionevoli e tranquille abitudini. Ora, non è ciò mille volte meglio che l'abbrutirsi coll'oppio dei maomettani, o col vino dei cristiani?


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Sul gatto
Cenni fisiologici e morali
di Giovanni Rajberti
Editore Bernardoni Milano
1846 pagine 98