E non ti ricordasti più di aver premesso, poche righe addietro, che gli scritti miei non possono essere applauditi che dagli sfaccendati e dagli sciocchi, ma da questi soltanto e non da altri. Ti pare che sia una delle buone e legittime? Dimanda un poco in mio nome a tutti i giornalisti se sia meglio aver me per accusatore o te per avvocato?
La seconda contraddizione è in fine dell'articolo, proprio nell'ultimo periodo; e non sarà soverchio il riprodurlo, perché è d'una bellezza meravigliosa. «Per beffare poetastri e scrittorelli secondo il nostro buon piacere, per deridere in massa i cultori d'una scienza qualunque, per dire impudenti e bugiardi a quanti scrivono bibliografie e necrologie, per sogghignar con disprezzo al mostaccio di questa o di quella classe, per staffilare a dritto e a rovescio le umane debolezze (sentiamo!), bisogna essere per lo meno Enceladi letterari, avere la coscienza di Aristide, la virtù di Socrate, e per soprammercato il coraggio, l'ingegno e la fronte di Scannabue».
Dietro l'enumerazione delle mie tante bricconerie, io m'attendeva di sentirmi dire che, per esserne capace, ci volessero qualità di mente e di cuore ben detestabili; ma tu riesci a una conclusione affatto nuova, all'exitus inopinatus dei trattatisti d'eloquenza, che elettrizza e sbalordisce. Dunque, per avere il coraggio che ho avuto io, bisogna avere il coraggio che ebbe un altro. Dunque è lecito berteggiare, insultare, staffilare chi si vuole, quando si abbia molto ingegno e si sia giganti in letteratura.
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Sul gatto
Cenni fisiologici e morali
di Giovanni Rajberti
Editore Bernardoni Milano 1846
pagine 98 |
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Enceladi Aristide Socrate Scannabue
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