Ma Encelado come ci può entrare? Credi tu che io sia da meno di lui? Non mi farai simil torto, né io soffrirò il paragone. Difatti, Encelado, così grande e grosso com'era, fu tanto sciocco da lasciarsi miseramente seppellir vivo sotto all'Etna per non so quale delitto o prepotenza. Ma io che, pel delitto d'aver lodato i gatti, mi sentii piombare sulle spalle tutto il vulcano dell'ira tua, vedi! Sono qui sano e salvo e grasso, e contento di ribadire le mie colpe con una seconda edizione del Gatto. Capirai che le favole mitologiche sono sempre cose meschine in confronto alle storiche verità. Ma per compensazione quel nome tutto poetico di Encelado, e quell'altro tutto matto di Scannabue, messi in compagnia di Aristide e di Socrate, rendono uno screzio così grazioso, rivelano tanta finezza di gusto, e un senso così squisito di eclettismo letterario, che bisogna proprio inferirne l'acume della tua mente e l'originalità della tua penna.
Io però ti confesso di lodarti per sola prepotenza di giustizia e a malincuore; perché riesce tanto più acerbo e umiliante il pensiero d'averti dispiaciuto a ogni passo del mio libro. Le cose da te rimproverate sono tante che è dura impresa a registrarle tutte. Fra le ragioni che io diedi dell'aver scelto il gatto a celebrare pel primo, questa addussi, che è una bestia eminentemente cattiva; e ciò ha cominciato a metterti di malumore. Dovevo io dunque preferirne una buona? Ma allora sarebbe stato un elogio da senno, ossia una puerile e noiosissima tiritera da accademico infarinato o incipriato: e io m'immaginava che per oggetto di satira si dovesse prendere il vizio e non la virtù. Il gatto, specialmente pel suo modo tutto eccezionale di convivere coll'uomo, offre un sì bel campo alle scorrerie della letteratura bizzarra e giocosa, che migliore o uguale non ispero trovarlo in tutto il regno animale: in quel modo stesso che in tutto il Parnaso latino sarebbe vano cercare un capo d'arte più adatto della Poetica d'Orazio a un travestimento in dialetto.
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Sul gatto
Cenni fisiologici e morali
di Giovanni Rajberti
Editore Bernardoni Milano 1846
pagine 98 |
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