E così anche il meraviglioso del ciclo brettone non è già quello del carolingio e delle chansons de geste. Se accade cosa che turbi l’ordine naturale, non è per volontà di Dio, ma per forza d’incanto. Gli angeli scompaiono dalla scena; i miracoli cedono il luogo alle malìe. E alla differenza qualitativa s’aggiunge la quantitativa, ragguardevole ancor essa. Né le imprese dei cavalieri della corte di Artù hanno somiglianza con quelle del ciclo di Carlo. Là s’avevano guerre vere e proprie, combattute da eserciti numerosi, con tutte le norme tattiche e strategiche del tempo; qui guerre cosiffatte sono rade, e, quando occorrono, producono l’effetto di una solenne stonatura. I cavalieri vanno errando, ciascuno per conto suo, in traccia di avventure e di avversarî contro cui mettere la vita a repentaglio, siano poi mostri, giganti, maghi, o signori prepotenti. A tutti costoro si fa una guerra di sterminio; ma siccome il combattere è fine a sé stesso, i cavalieri, quante volte s’incontrano sopra una via, si sfidano ed azzuffano anche tra di loro, per lo più senz’altra ragione, che di far prova di valore. Né si muta sistema perché spesso spesso accada ad amici e compagni di fracassarsi le armi indosso e di cincischiarsi le carni; le ferite non producono mai odio, purché fatte lealmente. Anzi, affinché le armi non abbiano mai a posare, si bandiscono frequenti tornei, dove, sotto gli occhi delle dame, si giostra, si ferisce, si ammazza, per puro esercizio e diletto.
[10] Queste due classi così diverse, le chansons de geste e i romans d’aventure, il ciclo di Carlo Magno e quello d’Artù, si trovavano a fronte tra il secolo decimosecondo e il decimoterzo.
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